di  Francesco Zanlungo

Da supporter ad ultras, spesso, il passo è breve.

Negli ultimi decenni le aspettative dei genitori nei confronti dei figli sono sempre più alte e il mondo sportivo non ne è immune.

Del resto come non potrebbe essere altrimenti.

Buona parte di ciò che ci circonda costringe l’essere umano ad un atteggiamento competitivo poco rispettoso della componente più sensibile delle persone.
La moderna Pedagogia è concorde nel voler far passare il messaggio “rispettiamo i tempi di ciascun individuo”: ma come si può farlo se le figure di riferimento sono affamate di prestazione “mors tua vita mea” a discapito di un sano sviluppo relazionale e sociale dell’individuo?

Lo abbiamo visto spesso tra gli spalti di uno stadio.

In un clima così vorticoso come lo è quello attuale, è molto facile perdere la famosa bussola: il risultato è che spesso si creano attriti portanti conflitti dentro e fuori le tribune di un campo da gioco.

Sottolineiamo la parola “gioco”: un’attività ludica volta all’intrattenimento  ricreativo delle persone.

La “competizione” che spesso accompagna il gioco, sportivo e non, dovrebbe essere un confronto sano sulle abilità dei vari giocatori/partecipanti, nel quale vince chi in quel momento è riuscito a fare una performance migliore. La possibile sconfitta, in un’ottica ideale, dovrebbe essere quindi concepita come una scintilla capace di far fare un’analisi critica della prestazione, in modo da poter capire come e dove migliorare se stessi e il proprio gruppo/squadra.
Per farlo però c’è bisogno che, chi ha il compito di condurre gli atleti/giovani nelle competizioni, abbandoni il proprio ego in supporto di coloro che dovranno affrontare sfide future sempre più complesse.

Lo sport, come metafora della vita, dovrebbe essere un momento di incontro e socializzazione, ma spesso è il serbatoio di rabbia e illusioni di adulti, che dimenticano il vero perché sono lì in quel momento: ovvero supportare il figlio/a che sta crescendo.

Come fare per migliorare tutto questo? 

Sfortunatamente non esistono formule magiche in grado di far andare le cose come un mondo ideale vorrebbe. Sicuramente il non perdere la fiducia reciproca e il rispetto dei ruoli che ognuno ricopre, accompagnati da un ascolto volto alla cura dell’individuo, possono diventare ingredienti capaci di rendere un po’ più reale quella formula magica.

Si parla di Sport.

Si parla di Vita.

FZ