di  Francesco Zanlungo

Tutto ha un prezzo. Anche il talento. 

È emblematico il caso del ragazzo vicentino, Tommaso Mancini classe 2004, acquistato dalla Juventus per i prossimi cinque anni, per la cifra di due milioni di Euro, sbaragliando altre concorrenti del calibro di Milan, Bayer Monaco e Liverpool.  Non vogliamo scendere nella polemica che sta alimentando i media, ovvero quella che accusa la famiglia di aver preso un incentivo economico, la presunta “commissione”, pari alla stessa cifra sborsata per acquisire il talento sportivo del ragazzo.

“Fermiamoci un attimo e respiriamo forte”. (Cit. tratta dallo spettacolo Panchine Pensanti).

A noi interessa riflettere insieme su alcuni punti che riguardano questa come migliaia di altre vicende  (anche se spesso aventi un finale diverso) su quello che può vivere emotivamente un ragazzo/a in relazione alla famiglia,  il primo vero supporto per lui/lei.

Probabilmente la famiglia di questo ragazzo vicentino, avendo visto una evidente abilità sportiva in lui, ha fatto in modo di supportarlo aiutandolo a non perdere di vista la rotta e sostenendo, con probabili sacrifici, il percorso necessario affinché lui potesse arrivare dov’è ora. Ed è facile immaginare che lui stesso, vedendo il suo riuscire nello sport, abbia trovato la giusta motivazione per continuare e diventare così un campione corteggiato da alcune tra le più importanti realtà calcistiche europee.

Ma se, ad un certo punto, lui avesse voluto mollare tutto? Se, ad un tratto, avesse deciso che il mondo sportivo era troppo difficile da gestire?

Quanto la  famiglia avrebbe potuto insistere nei confronti del figlio in merito al suo futuro?

Lo sappiamo bene: nella vita arrivano quei momenti in cui si mette in discussione il nostro procedere. Ci si interroga se il cammino intrapreso negli anni sia giusto oppure no, se è ciò che ci arricchisce nella materia e nello spirito.

Proviamo ad immaginare cosa può vivere un adolescente che si sta preparando per affacciarsi in quel mondo dove le certezze sono ben poche: chi non c’è passato.

Ed è in quel momento che le figure di riferimento (genitori ed insegnanti) diventano indispensabili consiglieri  sempre nel rispetto dell’individualità del ragazzo/a.

È inutile negare che la nostra famiglia condiziona le nostre scelte nel bene e nel male.

Allora, proviamo ad immaginare dei genitori che leggendo sul giornale il risultato sportivo ed economico del ragazzo vicentino, si convincano che anche il loro figlio/a debba arrivare allo stesso traguardo, spingendolo così verso una direzione che interessa ma che è soltanto una parte del suo essere.

Magari potremmo sentire un frammento di dialogo più o meno così:

“Non so se voglio ancora fare così tanto sport”

“Ma hai talento, se continui diventerai un campione”

Come capire, quindi, quanto spingere oppure lasciare andare? Qual’è il prezzo che si pagherà?

Ed è qui che ci può venire in aiuto la massima di Aristotele: “In medio stat virtus” ovvero  “la virtù sta nel mezzo”.

Una delle grandi sfide da parte del mondo adulto – genitoriale è riuscire a trovare la giusta misura tra l’insistere (nel continuare a perseverare nello sport ad esempio) e il lasciare la libera manifestazione di propri altri interessi.

Nessuno possiede la famosa sfera di cristallo che permette di vedere il futuro: ma certamente se si predilige un sistema educativo improntato sul dialogo e sull’ascolto, sarà più facile riuscire a cogliere tutte le sfumature emotive che spingono un giovane in una direzione piuttosto che in un’altra.

Uno scambio di dinamiche positive improntate sul rispetto reciproco (dell’adulto nei confronti del giovane e viceversa) permetteranno di trovare insieme la via migliore per affrontare queste sfide.